La narrazione nell’era digitale

Una cosa estremamente affascinante della narrazione è l’incredibile varietà di forme che essa può assumere. Essa è antica quanto l’umanità ed in tutta la storia non si è mai assistito alla ripetizione identica di una stessa narrazione: sono inesauribili, si moltiplicano con le persone, le lingue, le esperienze, le età, l’evoluzione del linguaggio e dei canali attraverso cui possono essere trasmesse. Esse variano in funzione della persona che racconta, del contenuto da raccontare, del narratario a cui si rivolgono e della relazione con esso, del canale attraverso cui sono trasmesse e del contesto in cui sono prodotte. 

Abbiamo visto che le narrazioni sono co-costruzioni che avvengono in un contesto sociale nell’interazione tra un narratore e un narratario. Eppure, esistono una quantità indefinita di situazioni in cui non è chiaro chi esso sia o come faccia a co-costruire una narrazione quando non è fisicamente presente, quando non presta il suo orecchio. Si pensi per esempio alla narrazione scritta. Sebbene nelle lettere, per esempio, sia chiarito esplicitamente a chi siano rivolte, in una gran parte dei casi, non è chiaro chi sia il destinatario del racconto. Tuttavia, come direbbe Umberto Eco:

Chi racconta ha sempre un destinatario in mente, un lettore modello, che orienta la narrazione sulla base degli obiettivi e dell’immagine che il narratore vuole trasmettere, mutando il prodotto finale.

Vale la pena sottolineare che narrazione orale e scritta differiscono notevolmente: la prima, che si avvale di suoni articolati dal sistema fonatorio, è caratterizzata da una maggiore immediatezza, solitamente dettata dal contesto in cui si dispiega, spesso in presenza di un
interlocutore che trasmette feedback più o meno chiari che consentono di rimodularla o plasmarla in tempo reale, dandole una conformazione più mutevole. La seconda, invece, spesso non avviene in un contesto dialogico immediato e questo di solito porta ad un grado di riflessione maggiore, che conduce ad una maggiore elaborazione e complessità sintattica. Inoltre, il fatto di essere rappresentata in forma grafica su un qualsiasi tipo di supporto fisico le conferisce una forma più fissa e non immediatamente negoziabile.

Come se non bastasse, anche i diversi canali attraverso cui si dispiega il racconto incidono ad aumentarne la complessità. Per esempio, se un tempo le narrazioni scritte personali si configuravano in lettere, diari o autobiografie, ad oggi esse possono essere diffuse attraverso App di instant messaging o postate sui social network. Con i nuovi mezzi di comunicazione sono emersi nuovi contesti narrativi caratterizzati da regole proprie. Basti pensare ai diversi social media: Facebook, Twitter, Instagram, sono tutti caratterizzati da diverse modalità narrative che seguono norme spesso implicite, ma ben precise e tacitamente riconosciute, che derivano dal medium con cui si esprimono (testo vs immagini), dai limiti spaziali (280 caratteri massimi dei Tweet) e del pubblico a cui si rivolgono (la rete di contatti e più in generale gli utenti tipici che contribuiscono a plasmare il lettore modello).  Inoltre, sono diventati progressivamente più comuni orizzonti narrativi non concepiti prima: gli scambi di instant messaging e le chat, talvolta si configurano come intrecci di narrazioni personali monologiche tra due o più persone in interazione, piuttosto che come vere e proprie conversazioni o dialoghi. Inoltre, anche la possibilità di inviare messaggi vocali ha di gran lunga cambiato le possibilità narrative: se prima era raro audio-registrarsi durante il racconto di un’esperienza, oggi è decisamente comune produrre narrazioni orali monologiche, alle volte molto lunghe ed elaborate, senza alcun intervento del narratario.

Nell’ottica della co-costruzione narrativa diventa molto interessante capire cosa avviene in questi nuovi contesti e la tecnologia, che è sempre più protagonista nella quotidianità di ciascuno, non può essere messa da parte nello studio di questi fenomeni.

Articolo a cura di Eleonora Bartoli, Psicologa

Eleonora Bartoli è una Psicologa e Ph.D. student in psicologia presso la Goethe Universität. Dopo la laurea in psicologia all’Università di Firenze, si è dedicata alla ricerca, con progetti sulla relazione tra memoria e narrazioni autobiografiche e sul ruolo delle funzioni esecutive nello sviluppo narrativo e nell’espressione della teoria della mente nei bambini. Ha collaborato allo sviluppo di un’applicazione per bambini nel contesto turistico, investigando i loro interessi e bisogni espressi nelle narrazioni di viaggio. Attualmente svolge un progetto sullo sviluppo e l’espressione di regolazione emotiva e perspective-taking nelle narrazioni di bambini maltrattati.

 

 

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